La Segale antica avvolta dal gelo

A novembre inoltrato si attende ancora la neve in quota, finora è scesa solo fin sopra i 1700 metri s.l.m.

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Sotto quell’altitudine i terreni spogli sono gelati, l’acqua dentro la terra è ghiacciata e ha compattato il substrato e, nelle zone dove non batte più il sole, i fili di quest’erba sono ricorperti da uno strato di fresca brina.

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In alcuni punti del campo abbiam spuntato un po’ i “capelli” della Segale, con forbici da giardino così, nella rinascita primaverile, dallo stesso seme partiranno 3-4 fusti, in modo che da un germoglio più spighe!

Senza l’apporto dell’essere umano, solitamente, quest’attività è svolta dagli ungulati, difatti sono evidenti impronte di capriolo e Segale brucata.

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La tag della bestia è rimasta impressa, fissata dal gelo e la Segale smangiucchiata attende inerme la neve che la ricopra.

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La guardiana del campo custodisce questa visione onirica prima di scappare via e rifugiarsi al tepore della stufa…

… e quest’anno abbiamo pure “Sfregulàt”

Le vinacce nel torchio si pressano, si ripressano e si pressano ancora finchè non sgorga più nemmeno una goccia di succo.

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Quando si smonta la struttura in legno rimane, appoggiato sulla base del torchio, un cilindro compattissimo color vinaccia. A questo punto si può smontare a forza il blocco di scarti di produzione e utilizzarli per fare la grappa, concime oppure “sfregolarli“.

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Ovviamente, come per tutte le procedure in cantina, la nonna deve essere consenziente…

Per sfregular s’intende la separazione delle vinacce pressate, scomporle quasi singolarmente, chiaramente a mano, fino a ridar loro la forma originale e poi ri-torchiarle!

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Quindi si ricostruisce la struttura e si ricomincia a pompare! Dopo aver sfregulàt le vinacce, il vino nouovo, ricchissimo di sostanze coadiuvanti, ritorna a zampillare da esse. Così, litri e litri di nuova essenza andranno a colmare le botti, in attesa del loro meritato riposo invernale.

Mi avevano raccontato di quest’opera come una pratica abbastanza estrema, per spremere fino all’ultimo e estrarre il più possibile dai rimasugli e, devo ammettere, che in effetti è molto gratificante e fruttuosa!

Svinatura e torchiatura 2014

Come ogni anno, una volta all’anno, solitamente a novembre inoltrato (noi), si effettua la svinatura e la torchiatura!

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Nel mosto, durante la fermentazione, avvengono dei processi metabolici dovuti ai lieviti contenuti nelle bucce, e processi estrattivi, in cui la componente liquida estrapola i tannini, le sostanze aromatiche, i polifenoli e i coloranti dalla parte solida, costituita da bucce, raspi e vinaccioli.

Dopo 15 giorni di fermentazione, senza l’aggiunta di alcuna sostanza coadiuvante, si procede con la svinatura, cioè la separazione della frazione liquida da quella solida del mosto. Ora utilizziamo una pompa elettrica, ebbene sì, finalmente dopo interminabili anni in cui si adoperava esclusivamente la pompa con manovella a mano, anche nel nostro umile “involt” sono giunti tecnologia e progresso!

Il tutto è svolto alla temperatura di cantina, “controllata” termicamente dalla porta d’accesso (chiusa o aperta!).

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A questo punto, sempre che la nonna sia d’accordo, si passa alla fase immediatamente successiva: la torchiatura.

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Le vinacce vengono riposte dentro la gabbia in legno del torchio e, in fasi successive, pressate più volte e per più giorni, anche oltre una settimana.

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Sotto torchio, il sangue d’uva, ricco di tannini e microscopiche sostanze utili al processo naturale di vinificazione, sgorga prima rigoglioso, poi via via sempre più esile.

La pubertà della Segale antica

Seminata circa venti giorni fa, con vigorosi e affilati fili rossi, eccola lì, la Segale antica di Valtellina!

10306230_10205329152694419_4542655964549825375_n10372766_10205329138334060_7858072567837780438_nDopo un periodo fresco e secco, in cui i semi se ne stavano rintanati al tepore della terra, già immaginavano cosa si potesse celare oltre. Difatti, dopo le recenti piogge, fin troppo insistenti, alcuni pionieri s’ingrossarono fino a sprigionare i loro colori alla luce del cielo di montagna.

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La pacciamatura, formata dalle foglie caduche degli alberi vicini ai campi, fa da coperta naturale ai germogli.

10431525_10205329150014352_1042215579602929104_nCosì, queste distese di terra buona iniziano a dipingersi lievemente d’un rosso-verde, speranzoso d’aver un buon raccolto!

10478200_10205329155534490_8440098999540591501_nMentre nel piccolo appezzamento sperimentale vicino casa, a 370 m s.l.m., la Segale, seminata qualche giorno prima, è già di un verde intenso e le lamine fogliari attendono inermi il primo gelo invernale.

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E, dopo la pubertà confidiamo ci sia una gioiosa giovinezza, magari da vivere pensierosa ma godereccia, ovattata e riparata sotto una spessa coltre di neve.

Introduzione alla mia Viticoltura in Valtellina

Sono un giovane valtellinese, laureato in Scienze Naturali, sto recuperando vigneti e vitigni autoctoni della Valtellina per produrre vino locale e genuino in modo naturale e senza solfiti aggiunti.

jonnnApplico le tecniche tramandate dai nonni in connubio con quel che ho appreso in anni di studio su testi scientifici e la ricerca non finisce squisitamente mai….

10359238_10205202045876828_4027710746411633664_nLa viticoltura, in questa zona di terrazzamenti costruiti pietra su pietra, rupi su rupi, un labirinto di gradini di roccia ancestrali, non è meccanizzabile e la si definisce “Viticoltura Eroica”.

Quest’arte, in Valtellina, richiede enormi fatiche, niente mezzi motorizzati ma molte camminate su queste antiche scale e terrazzi monumentali.

Le fatiche sono ampiamente ricompensate dal frutto dei vitigni (Cìauenasca, Pignola, Rossula, Brugnola e altre) che, se lavorati con la testa e senza additivi, sanno dare un vino onesto da 13 gradi che sa di tutti i buoni e veri profumi della Valle di Tellium.

jonnnnnnI vigneti a cui ho ridato nuova vita erano un groviglio di rovi e piante infestanti ma, celata sotto di essi, l’antica struttura in legno e ferro dei filari, custodiva la vitae, per lo più, in molti casi, autoctona!

Questi terrazzamenti coltivati a vigneto sorgono esclusivamente su muri in pietra a secco risalenti almeno a cinque secoli fa, appoggiati sul versante direttamente a contatto con la roccia madre; il salvataggio dall’abbandono di queste aree, ormai in atto da anni, garantisce una notevole diminuzione dell’erosione gravitativa con relativo dissesto idrogeologico, che potrebbe provocare danni a persone e cose.

jonnnnnFortunatamente ho un locale di familia adibito a cantina, con la classica volta in pietra, dove conservare il vino stagionato in modo naturale, in cui v’invito per poter degustare il prodotto!

Sono alla ricerca di fondi per poter recuperare sempre un maggior numero di vigneti, molti ormai in preda all’incuria, degrado e abbandono da parte di famiglie senza più “vecchi” eroi e con i giovani alle prese con altre attività.

397078_3310330003186_1128662683_nPASSATE A TROVARMI NEL VIGNETO O, ANCOR MEGLIO PER VOI, IN CANTINA E PROSEGUIREMO IL DIALOGO…

Oppure, attendete il prossimo aggiornamento!

http://www.buonacausa.org/cause/recupero-vigneti-in-valtellina

Semina Secale cereale winterrogen endemica di Teglio, Ottobre 2014

Grazie a tutti i favolosi braccianti, desiderosi di moltiplicare semenze rare e antiche.

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Con alcuni amici, a fine Ottobre 2014, abbiamo seminato la Segale invernale, più precisamente “Secale cereale winterrogen endemica di Teglio”, una varietà antica di Segale che “viene” coltivata in Valtellina da più di cinque secoli. Le prime forti storiche delle coltivazioni di Segale in Valle risalgono al 500 D.C., quindi è, da sempre, una coltura tipica del nostro territorio montuoso. Purtroppo qui pochi ne parlano, dato che le sementi erano praticamente scomparse durante e dopo il boom economico post-bellico, ma fortunatamente nascosti, in alcuni granai e soffitte, alcuni semi sono arrivati fino a noi.

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Queste varietà, caratteristiche delle Alpi, attualmente sono protette da un’importante Fondazione svizzera, Pro Specie Rara, una sorta di preziosa “banca del seme” di tutto l’arco alpino. Il referente locale per le sementi è Patrizio Mazzucchelli che da anni ricerca, protegge, conserva e moltiplica molti cereali, pseudocereali, ortaggi e frutta, patrimonio esclusivo delle Alpi che, in caso contrario, verrebbero definitamente perdute.

L’azienda agricola di Patrizio si chiama Raetia Biodiversità Alpine e ha sede a Teglio. (http://raetiabiodiversitaalpine.wordpress.com/)

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Ora i primi germogli di Segale, robusti ma sottili fili rossi, stanno spuntando dal terreno, dove secondo i racconti dei locali la Segale veniva piantata fino a circa 50 anni fa, quando il cambio d’attività di molti ha fatto in modo che i campi divenissero distese di rovi o boschi di betulle e roverelle (così com’è accaduto per molti vigneti storici). Altro motivo della dismissione della coltivazione della Segale autoctona in Valtellina sono state le dimensioni del grano, ridotte rispetto alle coltivazioni moderne provenienti dai Paesi dell’Est, quindi meno produttive nei quantitativi di granella, ma meno saporiti in farina…

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Grani più piccoli ma molto più saporiti, con aromi donati dal nostro clima e da questo terreno…

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Quest’opera è stata svolta su nostra iniziativa, senza l’ausilio di incentivi di qualsiasi sorta, ma esclusivamente per portare avanti questa tradizione ormai senza quasi più memoria d’uomo. Difatti, praticamente la quasi totalità del pane di Segale che mangiamo è composta da farine estere che vengono soltanto macinate e confezionate nel nostro territorio (ps.. questo non ditelo troppo in giro nè!), così come avviene per il Saraceno e, il Grano saraceno autoctono di Teglio, solitamente, è messo a dimora dopo la Segale invernale, per cui staremo a vedere cosa crescerà in quei minuscoli appezzamenti di montagna e cosa ci riserverà la continua ricerca di semi locali…

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E, come ho risposto a chi mi chiedeva se lo facevamo grazie a dei contributi degli Enti preposti, “il miglior ‘incentivo’ è la soddisfazione di coltivare qualcosa di veramente genuino, salutare e, per di più, antico da moltiplicare”.

 

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Grazie!